Alzi la mano chi non si è mai lamentato della lentezza del web, della difficoltà a leggere alcuni siti o della fatica ad orientarsi all’interno di alcune pagine web! Le ultime statistiche raccontano che almeno un 20% di chi naviga in rete si è imbattuto in queste criticità innervosendosi, abbandonando magari la ricerca o rinunciando a ciò che stava facendo. Ad diffusione massiva di pagine web non necessariamente corrisponde un miglioramento della qualità dell’accesso e della fruizione di questi spazi che cominciano a presentare sempre più spesso barriere virtuali che non sono nient’altro che la versione 2.0 delle barriere architettoniche. Ed è questa la ragione per cui molti paesi stanno cominciando a scrivere norme che consentano a chiunque di poter accedere facilmente al web, cercando di renderlo più inclusivo possibile. L’Unione Europea e l’Italia, stanno lavorando al pari di altri paesi, per creare una cornice normativa che consenta l’accessibilità universale.
Nel nostro paese c’è stato chi ha compreso l’importanza di questa tematica ed ha lanciato una start-up che ha creato, utilizzando un programma di intelligenza artificiale, un sistema per ripulire la rete da queste barriere. Stiamo parlando di AccessiWay che grazie all’intuito del suo founder e managing director Edoardo Arnello, ha costituito una joint venture con l’israeliana AccessiBe per superare le difficoltà del cosiddetto “digital divide“.
D’altra parte bisogna superare un’illusione generale, cioè che il web sia un mondo accessibile per chiunque. Alcuni dati possono aiutare a comprendere più efficacemente quanto stiamo raccontando: negli ultimi anni il 98% dei siti internet è stato pensato e realizzato in modo non accessibile perché, ed è incredibile doverlo ammettere, nessuno si è posto il problema, oppure perché è mancata una adeguata sensibilità verso questa tematica. Basti pensare alle persone anziane, che ormai rappresentano una fetta sempre più ampia dei paesi industrializzati. Oppure alle persone che hanno disturbi motori, della vista, di epilessia, di disturbo dell’apprendimento. Ma anche nei casi in cui si è cercata una soluzione che potesse risolvere in qualche modo le difficoltà dei più, poi la soluzione generalista si è rivelata non adeguata.
Il programma agisce seguendo le linee guida internazionali che definiscono i criteri di accessibilità del web, le cosiddette WCAG – Web Content Accessibility Guidelines, aggiornate da un pool internazionale di CEO, di poli universitari, di esponenti del mondo scientifico. Queste linee guida costituiscono il benchmark a cui le normative di ogni singolo paese fanno riferimento: Nel 2016 l’Unione Europea, ha stabilito delle scadenze entro le quali, le piattaforme che fatturano oltre 500 milioni di euro e quelle che erogano servizi pubblici, saranno obbligate a diventare accessibili. In futuro ogni sito web dovrà essere accessibile.
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